Come si può superare la crisi democratica senza nuovi modelli e nuove spinte partecipative?»

Non vedo nessuno scandalo nel situare il progetto del Partito democratico “dopo” e “oltre” le esperienze politiche del Novecento. La velocità del nostro tempo è tale che restare fermi sarebbe solo un’illusione. Vorrebbe dire rinunciare alla politica. Non è quello che ci viene come insegnamento dai partiti nei quali affondano le nostre radici. Eppure è difficile accantonare, per chi ha radici come me nella sinistra, il tema dell’identità. Tra l’altro molti in comunione con il motto “ minimo sforzo e massima resa” sono stati beneficiati dalle vecchie liturgie dei partiti. Nella storia dei nostri errori è contenuta anche la storia dei nostri valori Costruire un grande partito moderno vuol dire costruire anche una classe dirigente adeguata e ricca di autonomia culturale Noi veniamo da una storia dove ci hanno insegnato che le idee sono più importanti delle vicende personali

Credo sia sbagliato dire che il passato non conta. Ma la politica comprende la capacità di rileggere la storia a partire dal presente. Non ha senso presentare il Partito democratico come la risultante di storie passate, piuttosto va indicato come lo strumento efficace per cambiare davvero le cose e rispondere a speranze popolari.

E’ un errore pensare che chi viene dai DS e chi viene dalla Margherita debba automaticamente scegliere un Segretario che venga dalla stessa esperienza. Dobbiamo, invece, scegliere un Segretario non guardando alle provenienze di origine, ma al progetto del Partito Democratico e alla sua identità , di un partito che fonde e unisce culture e storie diverse in un progetto per l’Italia che vada oltre il passato e in cui tutti possiamo identificarci insieme.

Così come Sui temi eticamente sensibili si devono sempre cercare compromessi legislativi alti. E non bisogna mai rinunciare al dialogo, al confronto. Anche sui temi etici soffia il vento di grandi cambiamenti epocali, antropologici. Il dialogo non può essere banale. Il cammino che abbiamo intrapreso non è ancora concluso. «Io trovo che quella migrazione, quel viaggio cominciato con la nascita dell’Ulivo non è finito perché ogni giorno misuriamo la distanza tra il bisogno di una politica forte e la realtà della politica italiana».

Non siamo ancora arrivati perchè non siamo stati in grado di dare al paese una grande forza politica capace di guidare il processo di trasformazione. Quel processo che il Pd realizzerà. Il Pd non so se sarà in grado di affrontare i problemi planetari,ma penso sia da irresponsabili stare fermi e non fare nulla perché, “cercare ancora” è anche un modo di dare un senso alla politica».Ora serve un partito per salvare il Paese”.

Recentemente ho partecipato ad un convegno di Lega delle Autonomie dal titolo “quali sono i motivi di una vittoria elettorale” con Renato Mannaimer.

Nel tentativo di individuare gli ingredienti di una ricetta ideale necessari per una vittoria elettorale ho sostenuto la tesi che non possiamo assolutamente prescindere dall’avere un partito forte e coeso. Dove questo ingrediente necessario non è mancato si è ottenuta quasi sempre una affermazione positiva. Viceversa quando il partito si è presentato diviso abbiamo assistito alla inevitabile sconfitta.

I motivi delle divisioni sono innumerevoli, per evidenziare quelli classici ed anche più frequenti possiamo parlare di quelli legati alla differenza di posizioni, ai personalismi ma soprattutto alla mai sopita voglia di protagonismo di alcuni individui che non possono accettare l’idea di una partecipazione ad un progetto collettivo non da protagonisti.

Oggi,siamo alla vigilia di una possibile onda anomala, che non può che peggiorare le cose se non vi sarà il senso di responsabilità di una classe dirigente che deve, anziché immergersi in uno scontro privo di senso, procedere alle riforme necessarie per ridare forza alla nostra democrazia, a partire dalla definizione di un assetto organizzativo e una forma di partito adeguato alle sfide che abbiamo di fronte. Non ho mai scelto nella mia vita per convenienza o per comodità , non mi sono mai chiesto se una decisione fosse facile, ma se fosse giusta. E sono convinto che sostenere Bersani sia oggi la scelta giusta per il Partito Democratico e il suo futuro.